L'educazione del cavaliere 



L'educazione cavalleresca, che è rivolta ai membri dell'aristocrazia non destinati alla carriera ecclesiastica. L'educazione cavalleresca è quindi la prima forma di educazione laicamedioevale. Importante, sull'epopea cavalleresca, il poema della Chanson de Roland, scritta in francese nella seconda metà dell'XI secolo: si tratta di una chanson de geste appartenente al ciclo carolingio.





Al futuro cavaliere vengono insegnati la lealtà al proprio signore e la fedeltà agli impegni assunti. Egli deve imparare anche a prendersi cura dei deboli e indifesi, come le donne e i bambini. Suo compito però sarà anche la difesa della Chiesa e della fede: suoi nemici saranno anche gli eretici e gli infedeli. Quindi le virtù morali e cristiane, insieme alla cortesia, sono fondamentali per il cavaliere. I cavalieri sono uomini di guerra: tuttavia è un loro punto d'onore di comportarsi "cavallerescamente" con i loro nemici. A un certo momento questo atteggiamento tradizionale assume la forma di un preciso codice di comportamento, che sottolinea, il dovere di comportarsi cortesemente verso le donne.
Ma anche se molti libri ribadiscono gli ideali cavallereschi, nella realtà è difficile far corrispondere i comportamenti quotidiani a tali ideali.
Già dall'VIII secolo la nomina a cavaliere avviene con una cerimonia cristiana che diventa poi un vero e proprio rito: l'investitura, nella quale il neo cavaliere viene battuto su una spalla con il piatto di una spada.
La formazione cavalleresca comincia molto presto:
  1. sette anni il ragazzo viene affidato come paggio a un gentiluomo: impara già a cavalcare e a usare le armi;
  2. quattordici anni viene inviato come scudiero presso un altro castello o presso la corte stessa del sovrano se appartiene a una famiglia importante;
  3. ventun anni diventa cavaliere.

Il Liber manualis è anche la prima opera di pedagogia composta da una donna, scritto tra l'840 e l'843, con il quale un'aristocratica francese, Dhouda, si rivolge al proprio figlio Guglielmo, raccomandandogli l'importanza del vincolo feudale che lega la sua famiglia al proprio signore, il re Carlo II il Calvo. Come esempio di sottomissione, Dhouda cita la fedeltà di alcuni personaggi biblici al loro signore.

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